lundi, mars 04, 2013

Il recidivo



Il lupo, vecchio, sdentato, canuto, spelacchiato, rinsechito, malato, stanco un giorno di vivere e patire la fame, sentì giunta l’ora di reclinare finalmente il capo in grembo al Creatore. Notte e giorno camminò per paraggi impervi e sempre più fuori mano, giogaie sempre più dirupate, pendii più scoscesi e vertiginosi, fin dove il tremendo rugghiare della bufera tra le aguzze creste di ghiaccio, enterndo in un spessa cupola di nebbia, si trasformava all’improvviso, come una voce soffocata nell’ovatta, nel bianco silenzio della Vetta Eterna. Lì, appena alzò gli occhi e intravide – con lo sguardo appannato sia per la vecchiaia, sia per il rigore della tormenta di vento e neve da poco attraversata, sia infine per le lacrime miste di autocommiserazione e gratitudine – le dorate porte della Beatitudine, udì la voce cristallina e penetrante dell’ufficiale di guardia, che gli si rivolgeva con queste parole:
“Come osi anche solo avvicinarti a queste santissime porte, con le fauci ancora insanguinate dai tuoi ultimi cruenti pasti, assassino?”
Annichilito di fronte a una simile accoglienza e oppresso da un’insopportabile afflizione, il lupo volse le spalle e, ripercorrendo a ritriso il cammino che gli era costato tanto sforzo, tornò alla terra dov’era cresciuto, alla sua tana e ai luoghi che era solito frequentare, salvo che da quel momento in poi si prese ben guardia, non già di sgozzare pecore o agnelli, che questo la perdita dei canini glielo impediva già da tempo, ma persino di ripassare carogne o rosicchiare i rimasugli delle carcasse lasciate da altri più giovane e con zanne migliori. Ora, determinato ad astenersi dal toccare qualsiasi cosa che avesse lontanamente a che vedere con la carne, dovette metersi a gironzolare furtivamente attorno a paesi e cascinali, ingegnadosi a rubacchiare provviste e merende. I molari, che ancora conservava, benché gli ballonzolassero ormai quasi tutti negli alveoli, gli permettevano di rosicchiare il pane; pagnotte fresche le rare volte che la sorte era benigna, ma al più spesso tozzi di pane secco. Rimase così sulla terra a vivere e soffrire la fame sotto questa nova legge, nella vasta e folta macchia dov’era nato, per un altro intero turno di estati e inverni, finché, doppiamente estenuato e ansioso di requie doppo questa quasi ripetizione di una già precedentemente lunga esistenza, di nuovo gli parve giunto il momento in cui meritava di reclinare finalmente il capo in grembo al Creatore. La salita alla Vetta Eterna, che era stata già assai dura la prima volta, gli sarebbe risultata ora infinitamente più ardua, se il calo di vigore fisico causato da quel sovraccarico di vecchiaia agiuntiva non fosse stato in qualche modo compensato dal correspondente aumento del desiderio di riposo e beatitudine. In ogni caso, ce la fece a raggiungere nuovamente la Vetta Eterna, anche se la vista gli era divenuta tanto insicura, che quasi non era ancora nemmeno riuscito a distiguere le porte del Paradiso, quando risuonò l’attesa voce del cherubino di guardi:
“Eccoti qui un’altra volta, deciso a oltraggiare, con la tua sola presenza dinanzi a queste porte, la dignità di coloro che per i loro meriti si sono resi degni di varcarle e godere dell’Eterna Beatitudine! Pretendi dunque d’essere ugualmente meritevole di richiederla? Tanto torni ad ardire tu, predatore di forni, assaltatore di dispense, saccheggiatore di madie? Vattene! Fila subito via di qui, con l’abilità che hai d’altro canto sempre mostrato nelle svignartela senza farti fermare da tagleiole, steccati, cani o schioppi!”
Chi potrebbe soppesare la desolazione, l’amarezza, l’abbandono, la miseria, la fame, la debolezza, le infermità, la rogna, che per altri più lunghi e più sventurati anni si susseguirono! Eppure appena osava ormai brucare con le gengive senza denti l’arricato festone delle lattughe, o pulire con la punta della lingua la sciropposa goccia che pendeva dal culo dei fichi sul ramo o leccare magari, una ad una, le macchie circolari lasciate dalle forme di cacio sulle assi degli scaffali di un magazzino vuoto. Le sue zampe non avevano peso nel calpestare il suolo, come quelle di un’ombra, perché la magrezza lo aveva raso tanto leggero, che ormai niente poteva morire per la sola perssione dei suoi passi. E alla fine tornò a concludersi un nuovo e prolungato giro di anni e, com’era forse inevitabile, sorse per la terza volta il giorno in cui il lupo considerò giunta per lui l’ora di reclinare finalmente il capo in grembo al Creatore.
Partì invisibile e lieve come un’ombra e aveva, in effetti, il colore dell’ombra, tranne in pochi punti in cui la rogna non gli aveva fatto perdere il pelo. Dove lo conservava, gli brillaba completamente bianco, come se tutto il resto del suo corpo si fosse andato trasformando in rogna, in ombra, in nulla, per lasciar campeggiare in modo più vivo, in quel pelo candido, soltanto il richiamo delle nevi, l’inestinto anelito alla Vetta Eterna. Ma, se già nei due viaggi precedenti la scalata era stata eccessivamente difficoltosa per un lupo anziano, si potrà facilmente intuire con quale stenuo sforzo si mise per la terza volta in cammino. Considerando che all’originaria e, per così dire, naturale vecchaia del primo viaggio se n’erano aggiunte una seconda e addirittura una terza, si comprenderà a prezzo di quali sovrumane fatiche riuscì anche questa volta ad arrivare. Avanzando mitemente, dolcemente, umilmente, riconobbe ormai solo più a tentoni le porte della Beatittudine; poggiò lo sterno sulla soglia, piegò e abbassò le anche, allungò in avanti le zampe, stendendole uguali e parallele davanti al petto, e riposò finalmente su di esse la testa. Immediatamente, proprio come sospettava, sentì dalla voce metallica del cherubino di guardia le parole esatte che aveva temuto di udire:
“Bene, con la tua stessa ostinazione hai voluto che finissimo per arrivare a una situazione che avrebbe ben potuto e dovuto essere evitata e che è per entrambe le parti ugualmente spiacevole. Lo sapevi bene o lo indovinavi la prima volta; ne ricevisti una chiara conferma la seconda; e a dispetto di tutto ti sei intestardito a voler tornare una terza! E sia, dunque! L’hai voluto tu! Adesso te ne andrai come le altre volte, ma per non tornare mai più. Questa volta non è in quanto assassino. Non è nemmeno in quanto ladro. Ora è in quanto lupo”.

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